Domenica e lunedì si voterà per tutti i quattro referendum proposti. La Corte Costituzionale ha reso vana la strategia del Governo di annullare il referendum sul nucleare con una norma “per lo scopo”, contenuta nella recente “legge omnibus”. All’unanimità i 13 supergiudici hanno sentenziato che il quesito referendario è ammissibile. Infatti, la nuova legge, ha spiegato la Corte, “non soddisfa” la richiesta dei promotori del referendum che è la “mera ablazione della nuova disciplina, in vista del chiaro ed univoco risultato normativo di non consentire l’inclusione dell’energia nucleare fra le forme di produzione energetica”.
La sentenza è chiara, semplicemente chiara. Leggendola si percepisce che è stato “sentenziato” anche il principio, secondo cui le alchimie normative non possono e non devono avvilire la buona sostanza delle iniziative democratiche.
Il referendum, nonostante i denigratori che albergano all’occorrenza in ogni latitudine, è autentica partecipazione diretta dei cittadini per contribuire a buone scelte di gestione del Bene Comune. Votare per esprimere la propria opinione, gratifica l’elettore, migliora la politica, esalta la democrazia reale. Su questioni vere che ci riguardano tutti è giusto esserci, liberi da condizionamenti ideologici e da strategie politiche. Esserci con una buona idea e con l’atteggiamento responsabile di chi decide immaginando il bene migliore per la propria famiglia, per quella dei propri figli e del vicino.
Ogni cittadino, contrariamente alla politica che spesso non decide, ha quasi sempre un’idea per decidere. Ogni cittadino ha un’opinione per stabilire se è giusto separare un bene pubblico primario (l’acqua) dalla gestione pubblica, senza compromettere il principio che l’acqua è un bene universale da somministrare senza disservizi e soprattutto senza lucro. Ogni cittadino ha le idee chiare sul principio che ognuno è uguale all’altro dinanzi alla legge e valutare se è giusto che un governante può avere privilegi di casta. Ogni cittadino sa bene che l’energia elettrica è fondamentale per garantire la vita contemporanea ad ognuno. Però, ha anche iniziato ad imparare, da quanto di catastrofico accade nel mondo, che uno sviluppo ecocompatibile, rispettoso del “Creato” e più sicuro per la sopravvivenza di tutti, non è solo un’ipotesi di vita, ma un obiettivo globale che si può e si deve raggiungere.
E’ giusto chiedersi se l’astensionismo sarà, anche questa volta, l’arma per decretare il fallimento dell’istituto del referendum che dal 1995 ha registrato 24 fallimenti consecutivi?
Se consideriamo le elezioni amministrative di Napoli e Milano come due “referendum”, c’è da essere prudenti sull’esito fallimentare delle consultazioni dei prossimi giorni.
Il voto napoletano, in un colpo solo, con l’elezione del sindaco De Magistris, ha annientato lunghi anni di opprimente “Bassolinismo” e di inquietante ascesa del “Cosentinismo”.
E’ stato votato “Si” al “quesito referendario” che ha riguardato la scelta di “legalità contro i poteri politici collusi con la malavita”, in una città che non ne ricordava più nemmeno i termini. Il voto milanese ha “denudato il re”, più di ogni fantasiosa esibizione di “bunga bunga”.
E’ stato votato “No” al “quesito referendario” che chiedeva: “Berlusconi è il più amato dai milanesi e dagli italiani”. Infatti, da alcuni giorni, si parla già di “dopo Berlusconi”, di “primarie” per sceglierne l’erede. Chi avrebbe scommesso che un “referendum” travestito da elezioni amministrative, per decisione dello stesso premier, poteva essere capace di avviare una nuova fase della politica, sia a destra che a sinistra?
Per la partecipazione al voto dei referendum, il presidente Napolitano è stato chiaro ed ha ricordato: “Sono un elettore che fa sempre il suo dovere”. Anche il maggiore partito di governo, il Pdl, ha indicato una linea chiara: “Libertà di coscienza degli elettori”, anche se molti ministri, “a titolo personale”, hanno fatto sapere che in quei giorni faranno qualcosa di diverso da andare a votare.
Questa volta il ricorso alla “fuga al mare” sembra non essere l’argomento forte per dire agli elettori come comportarsi. E’ solo prudenza per non subire gli eventuali contraccolpi che potrebbero far crollare i “muri pericolanti” di partiti e leader, in pericolo di sopravvivenza? Oppure si tratta di maturità cresciuta nei partiti o di maggiore responsabilità dei cittadini? Quest’ultima domanda non può non tener conto del fatto che, entrambi i comportamenti, dovrebbero essere le facce della stessa medaglia. Vi è raffigurato un paese che cresce in partecipazione e responsabilità dei cittadini. Sono anche presenti i partiti, luoghi destinati a sparire se continueranno ad essere abitati da marziani, del tutto incompatibili con i terrestri.
Ma sarà proprio tutto vero? Pensare ed agire positivo, esprimere liberamente le proprie opinioni con un voto ai quesiti referendari, significa ricreare le cellule di una buona società. Vivendo ispirandosi a “buoni valori”, smarriti elementi fondanti della nostra centenaria civiltà, ed elaborando progetti di sviluppo condivisi, è possibile far nascere aggregazioni di persone, da cui immaginare che nascano nuovi partiti.
Il referendum può essere il medicinale per curare e far riprendere il cammino e la parola alla democrazia paralizzata. L’antibiotico per distruggere il virus mortale per la speranza, rappresentato dalla cattiva politica, fatta da cattivi partiti.
I buoni effetti collaterali che derivano dalla partecipazione ai referendum sono consigliati proprio a tutti.
Antonio Irlando
da "Il Gazzettino Vesuviano"
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