Vorrei raccontare a chi non la conosce la storia di Stefano Fassina, politico del Partito Democratico ed esperto di economia, la cui vita professionale e politica può diventare esempio di quella che comunemente chiamiamo meritocrazia.
Nato nel 1966 da una famiglia normale, papà falegname e mamma casalinga, cresce nel sano ambiente della provincia laziale, a Nettuno, giocando a baseball, come in voga da quelle parti dopo lo sbarco americano e studiando, come si conviene a un ragazzo intelligente e serio. Va alla Bocconi, dove si impegna moltissimo per mantenersi con le borse di studio, mentre si appassiona alla lettura di Smith, Ricardo e Marx. Alloggia presso la Casa dello Studente. Si laurea brillantemente, giovanissimo, in economia. Negli anni universitari un professore lo nota per la sua perspicacia e lo avvicina al pci. Stefano ne è entusiasta e comincia l'impegno politico da militante.
Dopo alcune esperienze di lavoro significative in Italia, viene chiamato in una banca americana e poi al Fondo Monetario Internazionale dove ottiene un contratto a tempo indeterminato da centomila dollari all'anno.
Bersani, che aveva fiuto per le persone a posto, lo chiama dopo cinque anni e inizia la sua partecipazione ad alto livello nella politica italiana, forte soprattutto dell'esperienza nelle più alte sfere dell'economia mondiale.
In tutti questi anni ha trovato il tempo di fare 3 figli. Uno è già laureato, gli altri due sono piccolissimi, avuti tutti dalla stessa donna, con la quale alla fine si è sposato, fatti per ridare un senso alla vita, alla continuità, dopo la morte dell'amatissimo fratello Gianpaolo pochi anni fa che ha segnato duramente il percorso di Stefano, una sferzata che lo ha cambiato dentro.
Insomma Fassina è una persona normale, seria e impegnata. Non è arrivato in politica per aver fatto lecchinaggio, non si è comprato la laurea ma se l'è guadagnata e c'è da credere che sia rimasto a lavorare al FMI per cinque anni solo per meriti personali. Lui se ne meraviglia : " Impensabile per uno come me", dimostrando anche una umiltà e una modestia sconosciute a troppi politici odierni.
Ultimamente Stefano Fassina è entrato però nelle cronache politiche per una frase disgraziata del neosegretario del PD Matteo Renzi. "Fassina chi?" aveva risposto ai giornalisti il sindaco di Firenze. Questa frase ha determinato le dimissioni di Fassina da sottosegretario al Bilancio.
Eppure, Fassina è una fiore all'occhiello del PD, per la sua storia personale, per l'impegno messo nel lavoro, per il suo avere radici profonde nella sinistra, che ancora esiste, per capacità intellettuali e critiche. Ha avuto un unico neo, nell'ultimo congresso non è saltato sul carro dei vincitori.
Anzi, prima delle primarie ha cominciato ad apostrofare Renzi con una serie di espressioni, tutte politiche, tipo " Renzi è ambiguo, le sue proposte sono propaganda, la nostra identità è un valore. Oppure " ... Renzi è un caterpillar cappottato che fa proposte pari a zero sulla legge di stabilità".
E come dargli torto, visto che molte proposte del neosegretario stanno nel libro dei sogni...
Queste frasi sono state però il metro di Renzi per giudicare Fassina, indipendentemente dalla sua storia umana e politica, dimostrando un metodo tranchant e approssimativo che tiene conto solo della fede personale nei suoi confronti. Cosa non del tutto nuova in Italia...
Io Fassina l'ho capito quando ha detto che si era vergognato per l'ingresso del Caimano al Nazareno, e gli credo, visto che anch'io ho provato un po' di scuorno. Inutile ribadire che stava pure lui nel "vergonoso" governo delle larghe intese. Direi che ci stava molto stretto se alla prima occasione ha lasciato. Poteva rimanerci, poteva saltare sul brioso e allegro carro di Renzi, poteva persino farsi allegro lui stesso sempre un po' tenebroso, poteva rimanersene nel FMI a fare il gran signore, poteva tante cose insomma, utili per lui. Ma...non le ha fatte.
E di questo lo ringrazio, con profonda stima
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