Nel nuovo Romanzo di Franco Cuomo, “Quando gli Angeli scappano via”, si può rivivere la straordianaria storia artistica che ha attraversato l’Occidente tra gli anni ‘60” e gli‘80”. Cuomo la rivisita con gli occhi e l’obiettivo di una artista della fotografia, Nan Goldin, sotto le spoglie di Noon John Goldin, io narrante nel romanzo, per descrivere la parte nascosta e trasgressiva di New York e la tensione emotiva che in quegli anni attraversava l’arte in quella città e nell’Occidente intero.
Ciò che colpisce nel romanzo è soprattutto la capacità di trasmettere il senso di vuoto, di angoscia di un’intera generazione, rimasta orfana di valori e di speranza. Una generazione cresciuta nel mito dei templi dell'arte di New York, il Guggenheim Museum, il Moma. Oppure delle notti passate a ubriacarsi tra musica psichedelica e le nuove tendenze punk al GBGB’s o all’Eroes di Manatthan, o allo Studio 54, in compagnia di Ginsberg e Borroughs e Warhol, in un’atmosfera buia e fumosa e insieme esaltante e protettiva. La speranza in un mondo migliore si esprimeva soprattutto attraverso l’arte, musa salvifica. L’arte a 360 gradi, che spazia dalla musica al cinema, alla fotografia, alla pittura, alla poesia e che entra nell’esistenza per alleggerire le tensioni dell’amore, della morte, della eterna disperazione umana. In quegli anni tutte le sfere emozionali erano vissute anche con la testa. Ci si abbandonava ai deliri intellettuali come alle follie amorose e carnali avvolti da una calda consapevolezza di sé stessi e del mondo, fuori dai compromessi e spendendosi completamente. O, almeno, a tutto ciò si ispira Franco Cuomo descrivendolo con notevole intensità narrativa.
Ma, arriva la fine di un’epoca che piomba come un macigno a riportare tutti nella realtà. Noon John Goldin, in un’ansia di nomadismo,va via da New York dove si è consumato un declino artistico e intellettuale insopportabile e dove si è spento tragicamente ogni ardore dell’anima per la morte del suo compagno eroinomane. “Gli angeli sono scappati via lasciando il loro posto solo a dei ceffi”.
L’attacco alle Twin Towers “ ha del tutto congelato la città e l’ha consegnata alla decadenza planetaria e insieme ad essa il mondo occidentale rovinava”. Prima di partire, realizza I’ll Be Your Mirror, ispirato dall’omonima canzone di Lou Reed quando cantava con i Velvet Underground, per rendergli omaggio “ e ricordare una città che in qualche modo era già stata consegnata alla storia.”
Noon John Goldin arriva dunque a Napoli, spinto da un ricordo giovanile e dalla ricerca di un posto antico dove poter ricominciare. In compagnia di Lucio Amelio, del quale era stato ospite nella sua villa a Capri, la città gli era apparsa un crogiuolo di creatività, un laboratorio interessante per nuove esperienze. Inoltre la bellezza della costa e la luce di Napoli avevano positivamente stimolato la sua creatività. Dopo tanti anni, e morto ormai Lucio Amelio, nella città fotografa di tutto, ma comincia anche a riaffiorare la sua angoscia. Goldin a poco a poco prende coscienza della decadenza assoluta di Napoli, diventata sciatta, sporca e disordinata. I suoi abitanti sono incattiviti e tristi. E soprattutto, anche a Napoli, si è spenta qualunque forma artistica. L’arte è ridotta a merce, a pubblicità della peggiore qualità di cui si servono artisti e politici. Già, la politica, che nella sua abissale ignoranza e tracotanza organizza in pompa magna l’esposizione di super star dell’arte che promuovono se stessi attraverso gesti eclatanti e ripugnanti fatti passare per opere d’arte, come la testa di mucca mozzata di Damien Hirst al Museo Archeologico Nazionale, tra antiche statue dell’epoca classica. O, sempre quella stessa politica, inaugura con gran clamore dei media un museo d’arte contemporanea, il MADRE, dove tra caroselli pubblicitari e artisti presi a nolo si consuma la spinta creativa di una città sempre più vuota.
Goldin decide che giustizia va fatta con un’azione purificante e catartica che accenda i riflettori mondiali sullo scempio che sta avvenendo a Napoli, che pure non gli appartiene, e progetta insieme al suo nuovo compagno, Tonino, un attentato terroristico: l’esplosione di una bomba nel pian terreno del museo MADRE, per cancellarlo dalla faccia della terra. La bomba, però, non verrà innescata perché, per uno uno strano scherzo del destino, il museo salta per aria per conto suo per una fuga di gas riducendo finalmente la città a un luogo dove “l’arte non ha più nessun diritto all’esistenza”. Si placa così in qualche modo l’angoscia di Noon John.
Il romanzo è il racconto struggente e vitale di una generazione sul limite della vecchiaia, che non si è mai rassegnata alle banalità dei luoghi comuni e del conformismo culturale e nello stesso tempo una fedele registrazione del disagio di vivere in un mondo che ignora il tempo della natura e il tempo di una coscienza che fa i conti con le trasformazioni del corpo.
Il libro di Franco Cuomo, edito da Photocity ed. Napoli, 2012, in self publishing già presentato a Napoli allo Studio Sedicinoni a viale Gramsci, verrà presentato presso la sede della Lega Navale a Seiano, Vico Equense, il 29 dicembre, alle ore 17.00. e a Salerno dall’ ARCI Gay a fine gennaio 2013.
Maria D’Ordia per "Il Gazzettino Vesuviano"
Nella foto: la copertina del libro, Franco Cuomo
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