Sul web si sono rincorse accuse e indignazione per l’abbattimento della casa in via Montariello. Insieme a un caro amico, sempre interessati a quanto succede sul territorio, abbiamo guardato la determina di abbattimento dell’immobile, tra l’altro facilmente reperibile in rete sul sito del Comune.
La storia è descritta con estrema chiarezza in base agli atti depositati ai quali si deve far fede senza ombra di dubbio e cerco di riassumerla brevemente prima di scrivere delle note a margine della vicenda. Naturalmente mi attengo agli atti pubblici che, finora, sono gli unici deputati a raccontare come sia andata questa brutta storia, prestando attenzione soprattutto alle date che scandiscono gli avvenimenti.
- Nel lontano 2004 viene disposto un accertamento relativo a un abuso in via Montariello. L’abuso segnalato consiste in un manufatto su due livelli allo stato rustico. In seguito all’accertamento il manufatto viene sequestrato. In seguito al sequestro viene notificata al proprietario, D’Urso Francesco, l’ordinanza di demolizione e ripristino dei luoghi.
- Non essendoci esito a questa ordinanza, viene aperto un procedimento per abusivismo edilizio a carico di D’Urso Francesco proprietario dell’immobile e nel 2008 la Corte di Appello emette la sentenza di demolizione che viene trasmessa al Comune di Vico Equense e al proprietario. In quel momento, in base alla documentazione, la casa è ancora allo stato rustico e il secondo livello privo di tompagnature (muri esterni, c’è solo lo scheletro)
- Passano ancora tre anni, sette dall’inizio della vicenda, e il 17 giugno 2011 arriva una nuova ingiunzione di demolizione a carico di D’Urso Francesco. Il 5 luglio dello stesso anno, e questo è un fatto molto rilevante, la Procura Generale della Repubblica con una nota chiede al comune di accertare che non vi siano cause di incompatibilità con l’esecuzione della demolizione.
- Il Comune manda i vigili a controllare sul posto per vedere se nel frattempo è cambiato qualcosa nella casa di via Montariello. I Vigili fanno l’accertamento e rilevano che lo stabile è tal quale a quello del 2004, cioè allo stato rustico e disabitato. Non ci sono dunque impedimenti alla demolizione. L’esito di questo accertamento viene inviato dal Comune alla Procura nel luglio 2012, dopo un anno dalla richiesta. Piano piano siamo arrivati a sei mesi fa….
- Non essendoci, fino a sei mesi fa, impedimenti accertati alla demolizione, la Procura conferma la sentenza e invita il comune a mettere urgentemente in bilancio la somma di € 50.000 necessaria per le spese di abbattimento, eventualmente servendosi di un mutuo con la cassa Depositi e Prestiti.
- Il Comune risponde alla procura che non c’è bisogno di un prestito perché ha già messo la somma in bilancio.
- Nel frattempo però, cosa era successo? D’Urso Francesco aveva chiesto il dissequestro dell’immobile impegnandosi a demolire egli stesso il manufatto a sue spese. Per cui, vista la nuova situazione, nell’ottobre 2012, cioè tre mesi fa, fu concessa dalla Procura l’autorizzazione alla auto-demolizione e l’immobile fu dissequestrato.
- Quando i vigili, un mese dopo, vanno a verificare se il sig. D’Urso abbia effettivamente abbattuto l’immobile, trovano una sorpresa. Il secondo livello era stato completato e risultava anche abitato. Approfondendo la situazione si viene a sapere che D’Urso Francesco nel mese di novembre, cioè dopo un mese dal dissequestro, ha venduto il terreno e di conseguenza la relativa abitazione soprastante, alla madre, sig.ra De Rosa Maria, che completati i lavori si è insediata nell’appartamento insieme alla figlia. Scatta immediatamente un nuovo sequestro. Il giudice incaricato ingiunge senza mezzi termini la demolizione dell’immobile, che come sappiamo è andato giù la settimana scorsa.
Tutta la storia induce a qualche riflessione.
Nell’ultima fase i proprietari hanno commesso una serie di errori abbastanza grossolani. In pochi mesi l’immobile viene venduto dal figlio alla mamma e costruito in fretta e furia. La signora vi si insedia stabilmente, forse sperando che, essendo una donna molto malata con figlia disabile, i giudici prima di procedere con l’abbattimento aprano un nuovo procedimento a carico dei nuovi proprietari e, una volta constatato che l’abitazione era occupata da persone socialmente e fisicamente deboli, annullino il provvedimento. Ma le cose non sono andate così.
Il giudice, a nostro avviso, non può essere accusato di accanimento in quanto appena un anno prima aveva disposto un accertamento per verificare che non vi fossero cause ostative alla demolizione. Se in pochissimo tempo la casa viene venduta e completata e diventa dimora stabile, dopo un dissequestro per auto-demolizione, si può intravedere furbizia e malafede, non si va ancora a verificare chi ci abita e in quali condizioni fisiche o di disagio si trova.
Chi ha materialmente demolito la casa, il Comune, non può essere accusato di aver fatto un’ingiustizia in quanto doveva abbattere per ordine della magistratura, non poteva assolutamente sottrarsi. I Vigili e i funzionari del comune inoltre avevano l'obbligo di segnalare alla Procura della Repubblica come stavano le cose dopo il dissequestro onde evitare il rischio di gravissime conseguenze penali per se stessi.
Certo è nn po’ difficile pensare che la famiglia D’Urso abbia fatto tutto da sola, ci saranno stati dei cattivi consiglieri che l'hanno indotta a sbagliare completamente il percorso, e proprio per questo solo con loro deve prendersela. Inutile cercare altri colpevoli.
In conclusione resta il rimpianto per una casa abbattuta in danno a una famiglia già provata dalla sorte, e per la quale si accende un umano senso di solidarietà, compresa la nostra, e si spera in un concreto sostegno da parte delle autorità comunali.
Ma ciò che ingenera il senso di ingiustizia a fronte di migliaia di gravissimi altri abusi perpetrati a Vico e in Penisola Sorrentina, è che in anni e anni non si è mai legiferato nulla sul tema, né per un condono tombale, né per abbattere senza discriminazioni per nessuno. Oggi tutto dipende dalle capacità degli avvocati di allontanare il problema, oppure dalla casualità dei fatti che certe volte è nefasta e altre no o dalla volontà del giudice di aprire o meno un fascicolo… insomma da situazioni che con la soluzione vera dei problemi non c’entrano niente.
E di questo solo devono rammaricarsi i sig. D’Urso, vittime di un’illusione che è diventata un incubo, al di là delle pacche rassicuranti sulle spalle che avvocati, amministratori e malinformati elargiscono a piè sospinto durante i procedimenti. E l’unica morale che se ne può trarre è che rimane fondamentale risolvere il problema alla radice, mettendo fine alle sofferenze con una legge che faccia chiarezza sugli abusi passati e futuri, fuori da uno stato confusionale totale che fa bene, forse, solo agli avvocati e che può ingenerare, come in questo caso, inutili rimpalli di responsabilità.
1 commento:
Un abbattimento piu' che lecito,tutta la polemica che ne è seguita è sterile e di parte.
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