A voler essere molto ottimisti il dato drammatico che spiega la situazione di degrado in molte aree della città archeologica di Pompei è questo: ad un crollo reso noto ne corrispondono almeno 9 di cui non si ha notizia, uno per ogni “Regio” in cui è suddivisa l’antica città romana.
Come al solito note ufficiali cercano di stemperare la gravità di quanto continua quotidianamente a crollare e a distruggersi a Pompei. Infatti, nella recente occasione del crollo al Tempio di Giove, una nota della Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Napoli e Pompei, cosi comunica: ”In data odierna si è verificato il distacco di un pezzo di intonaco grezzo di circa un metro dal paramento esterno della parete orientale della cella del Tempio di Giove. I restauratori della Soprintendenza sono prontamente intervenuti e i frammenti raccolti saranno presto assemblati e ricollocati in sito”. Tradotto: non è successo nulla perché si tratta di un intonaco grezzo (lo era o le è diventato per incuria?) e poi si rimette tutto a posto com’era (quando si verifica una distruzione per incuria, è cosa nota ai tecnici, è sempre molto difficile ripristinare il “com’era”) ed ancora che ad occuparsene saranno i restauratori (ma in organico quanti sono e dove sono impegnati quotidianamente, visto che a Pompei l’attività di manutenzione ordinaria è una “pratica archeologica”, nel senso che non si fa più da troppo tempo?).
Anche il nuovo Ministro Ornaghi è stato indotto in errore, quando al “Corriere della Sera” ha recentemente dichiarato in un’intervista che “Gran parte degli scavi, lo ricordo, sono in buone condizioni”. Vorremmo crederlo e condividere con fiducia la sua affermazione, peccato che a smentirlo, purtroppo, sono dati e dichiarazioni allarmate provenienti dal suo stesso Ministero, dalla relazione degli ispettori dell’Unesco e da numerose inchieste giornalistiche di media internazionali ed anche, caro Ministro, da quanto è sotto gli occhi di chi visita solo turisticamente gli scavi.
Tra non molto, secondo quanto si è appreso, si inizieranno a spendere i 105 milioni dell’Unione Europea anche se non si conosce ancora il dettaglio degli interventi con soldi pubblici e quello degli eventuali interventi di sponsor privati. Si parla di un territorio limitrofo agli scavi che sarà oggetto di “riqualificazione” con interventi di privati, anche stranieri, per renderlo più accogliente. Si parla degli industriali e si parla di investitori francesi. Infatti, ”si parla”, come spesso da molto tempo, si parla intorno agli scavi di Pompei, mentre, proprio in questo momento, gli intonaci, grezzi o decorati che siano, i muri e le pietre delle domus, si schiantano al suolo. E chi deve fare che fa? “si parla”, ma addosso. Una volta si diceva che “le pietre parlano” per raccontare la civiltà di un popolo, quelle di Pompei crollano, per raccontare l’inciviltà italiana.
Antonio Irlando per "Il Gazzettino Vesuviano"
Foto del crollo di Antonio Irlando
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