Noi migranti siamo accomunati da un sentimento schizofrenico rispetto ai nostri luoghi d’origine. Un sentimento che confonde l’amore, la nostalgia, il sincero legame con le nostre radici, con una rabbia cieca per tutto quello che quei luoghi non sono riusciti a darci.
È quello che succede sia a chi, come me, di andarsene lo ha
scelto soprattutto per noia e per amore dell’ignoto, e per chi, invece, vi è
stato costretto, per mancanza di opportunità in patria.
Quando si ha la sfortuna tremenda di essere nati in un posto
bellissimo, la rabbia e la frustrazione sono dilatati.
Andando via ho scoperto che nel resto di Italia, come forse
nel resto del mondo, per andare al mare non devi pagare. Avete capito bene amici vicani, il biglietto di ingresso in
spiaggia esiste solo da noi! Certo, possiamo vantare una certa inventiva nella
gestione dei beni pubblici e non manchiamo di originalità nel monopolizzare ciò
che è naturalmente di tutti e giuridicamente definito come demanio. Le spiagge della Costiera Sorrentina sono il primo specchio limpido delle acque
della provincia di Napoli, che, a causa di altre incurie e disastri che si sono
susseguiti e stratificati nel corso degli anni, sono balneabili a zone alterne.
Motivo per cui raccolgono i bagnanti (o aspiranti bagnanti),
non solo dei nostri Comuni, ma anche di quelli del resto della
provincia . Proprio per questo le spiagge dovrebbero garantire una totale
fruibilità, soprattutto da parte di chi, non potendo permettersi vacanze
altrove, trova nel nostro mare l’unica valvola di sfogo estivo. La Guardia
Costiera prescrive la necessità di lasciare liberi dai 3 ai 5 metri di
bagnasciuga, di modo da poter liberamente deambulare su di esso. La soluzione trovata
dai Comuni del resto di Italia, penso alle spiagge del Conero, dell’Abruzzo,
della Versilia, della Calabria, coerentemente a quanto prescritto dalla legge,
è di far pagare solo gli eventuali servizi forniti dai concessionari delle
spiagge, senza imporre un biglietto per il semplice accesso alla stessa.
L’unica spiaggia liberamente accessibile a tutti rimane
quella delle Calcare, ferma restando l’impossibilità per i bagnanti di
passeggiare lungo il bagnasciuga dell’intera spiaggia di Seiano, o di poter
addirittura nuotare al confine con lo stabilimento privato, chic e raffinato
che protegge le sue acque con un serpentone di gomma nera. Il confine tra le
due spiagge, quella libera e popolare, e quella dal biglietto di ingresso di
euro 25, è infatti ribadito da : un muretto in pietra, una grata ricoperta da
canne di bambù (di modo che nessuno veda lo scempio della plebe che fa il bagno
dall’altro lato) e da un bagnino che intima ad allontanarsi non appena la
“proprietà privata” sembra minacciata. Insomma, più che andare al mare sembra
di andare ad Alcatraz.
Altro straordinario evento realizzatosi nella mia città,
coerentemente con l’idea che la res publica sia una barzelletta da poter farsi
propria non appena lo si voglia, è stata la chiusura al pubblico della Torre
Barbara e della strada per raggiungerla.
La torre di Via Punta la Guardia, detta Torre Barbara, è il
mio luogo del cuore. Una torre del 1800,immersa in un uliveto centenario, a
picco sul mare, sulla cima di una altissima scogliera di calcare. La torre ha
due piani, è malmessa, istoriata al suo interno dalle bombolette e dai
pennarelli di avventori poco romantici, ma che lo diventano quando,
affacciandosi dai balconi cigolanti godono della distesa del mare e del Vesuvio
in lontananza.
Di questo spettacolo non potrò godere più, e come me gli
altri vicani, perché un giorno qualcuno si è svegliato ed ha deciso che la
strada fosse propria, così come la Torre, bene artistico appartenente al
patrimonio culturale e come tale demaniale.
Pensavo fosse finita, pensavo che non ci fosse più nulla da
prendere. Le colline sono state prese tempo fa, fatte oggetto degli scempi dell’abusivismo
edilizio su cui il comune chiude non uno, ma entrambi gli occhi. E invece …
Poco tempo fa, trovandomi al Nord Italia dove attualmente
vivo, leggo su Facebook della proposta di chiudere in una cupola di vetro la
piazza di Vico Equense per farne una sorta di centro commerciale. Ho compreso
allora che quando credi che le cose più brutte ed inutili siano già state
partorite, ci sarà sempre qualcuno a voler fare di peggio. Ci avevano tolto il
mare, le colline, i panorama, volevano toglierci anche il cielo.
Non deludermi Vico Equense, fammi arrabbiare ancora di più e
la prossima volta che torno a casa fa sì che qualche altra cosa sia stata
rubata, monopolizzata, distrutta.
Rosa Maria Dilengite
Rosa Maria Dilengite
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